Le prime missioni dell'università – quella dell'insegnamento e quella della ricerca– sono rivolte alla creazione di figure professionali nei diversi campi: la prima missione è quella del “docente” universitario, Il termine docente, derivante dal latino "docens", e a sua volta dal verbo "dŏcēre" ha il significato di far sapere, ammaestrare, insegnare, …. Esso attraversa tutte le figure, strutturate e non, all'interno del corpo accademico ed è, con maggiore o minor successo, coltivato da (quasi) tutti gli universitari; la seconda missione – la ricerca scientifica – da tempo non ha più la sola funzione di soddisfare la mera speculazione del ricercatore; essa assume un sempre più accentuato ruolo in campo economico e come fattore di sviluppo sociale. A tal proposito le cronache dicono che Vannevar Bush, scienziato e tecnologo statunitense che coordinò le attività di ricerca degli USA durante la seconda guerra mondiale e sostenne la necessità di innovare radicalmente il sistema della ricerca pubblica, basandolo fondamentalmente sulle strutture universitarie, sollecitò un forte impegno del governo federale, proponendo la creazione di una agenzia indipendente (sarà poi la NSF) con lo scopo di «sostenere la ricerca scientifica e l'avanzamento dell'educazione scientifica»: solo essa avrebbe potuto sottrarsi alla pressione della immediata fruibilità dei prodotti di ricerca – come avviene in ambito economico – ed essere invece dedita alla ricerca di base.
La terza missione è frutto di un progetto finanziato dalla Commissione Europea: essa si affianca alle due tradizionali sopra ricordate e consiste in tutte le attività che ne facilitano l'impegno con la società e l'industria. Sono questi, forse volutamente i soli, gli ambiti di intervento, peraltro di natura completamente diversa.
La terza missione ha però una ineliminabile dimensione territoriale, dovuta alla circostanza, attestata dalla letteratura scientifica, secondo la quale le ricadute della conoscenza prodotta dalla ricerca si manifestano con maggiore probabilità nel territorio “confinante” ovvero nelle vicinanze geografiche. Ciò si spiega in quanto la conoscenza “produttiva” viaggia essenzialmente e fisicamente attraverso i ricercatori, e quindi si muove insieme alle persone che lavorano quotidianamente in posti fisici specifiche e si spostano entro un raggio generalmente limitato. Anche dal lato del sistema delle imprese, è noto che la ricerca di collaborazioni avviene con maggiore intensità con i ricercatori “vicini di casa”. Occorre ricordare che uno dei compiti fondamentali delle università, proprio nel contesto della terza missione, è anche quello di aiutare i territori a compiere i “salti di qualità” che altrimenti non avrebbero le risorse per compiere, in particolare, per quanto riguarda la valorizzazione economica della ricerca, accedendo alle reti mondiali di produzione e circolazione della conoscenza. È forse sotto questo profilo che il MIUR, attraverso l'agenzia ANVUR, cerca di incoraggiare la capacità delle università di portare sul territorio contatti e opportunità di “far sistema” di scala internazionale.
La “terza missione” allora, e ciò abbiamo detto che è ben noto, ha anche una dimensione sociale, perché è la stessa ricerca a richiederla: questa infatti dipende dalla qualità e quantità del “capitale umano”. Il capitale umano si forma con una diffusione disseminata della cultura, con la crescita complessiva del paese, con conoscenze, abilità e competenze diffuse, che sono frutto di tradizione, di approfondimento, di consolidamento, di crescita lenta e costante. Tale “capitale” ha il compito di rappresentare, a lungo andare, il patrimonio cognitivo di una nazione e può essere assicurato da una rete d'istruzione universitaria capillare, di buona qualità e in grado di fornire competenze e mentalità flessibili: non tutti devono essere scienziati e inventori, ma è necessario tutto un ceto di intellettualità diffusa senza la quale la società della conoscenza non potrebbe neanche esistere . Già Vannevar Bush, e dopo di lui altri “formatori di competenze”, aveva portato l'attenzione sul fatto che non è possibile l'innovazione senza parimenti coltivare l'interdisciplinarità e quindi anche sviluppare le ricerche di base (sia nell'ambito scientifico, sia in quello umanistico). Ed allora nessuno mette in dubbio il fatto che l'istruzione è l'elemento strategico sul quale dovrebbero esser concentrati gli sforzi di chi sovrintende al finanziamento delle Università. È dalle università e nelle università che si decide quali cittadini e quale società costruiremo per il nostro domani.
Dal Dipartimento di Matematica e Informatica escono i ricercatori, gli applicati, ovvero i professionisti dell'affrontare i problemi della società e dell'industria, e gli insegnanti (di ogni tipo di scuola, dall'infanzia al liceo).
Vediamo questi ultimi aspetti più da vicino.
Nel mondo di oggi i matematici sono richiestissimi, la matematica è applicabile a qualsiasi cosa, un matematico trova un lavoro stabile nei tre anni dopo la laurea. Per coloro che sono convinti che un matematico serve solo nella scuola, hanno provato anche con il cinema e con le TV a far capire al mondo che i matematici possono essere utili anche al di fuori .
I matematici trovano quasi subito lavoro, nel settore bancario, assicurativo, editoriale, di consulenza, perfino nella polizia scientifica oltre che, naturalmente, nell'insegnamento. I matematici si sentono obbligati a “continuare a studiare” anche dopo la laurea, non necessariamente ancora matematica (ma informatica, economia, biologia, ...), e cercare sempre di utilizzare quel modo di ragionare che li caratterizza in quello che studiano e fanno. Proprio qui sta il problema e la virtù di un matematico: cercare di adattarsi ai vari mestieri cercando di utilizzare al meglio quello che ha studiato. Per un ingegnere, un medico, un avvocato è molto più semplice, sanno già cosa faranno una volta finiti gli studi; il loro lavoro, il più delle volte, sarà strettamente legato ai loro studi, sfrutteranno necessariamente quello che hanno studiato, non avranno bisogno di adattarsi a realtà che apparentemente non gli appartengono. Per un matematico invece è tutto il contrario: perché, partendo dalla sua formazione e dalle cose che ha appreso, il matematico dovrà confrontarsi con problemi concreti (ed anche quelli dell'insegnamento lo sono!) e cercare di risolverli adattando le proprie conoscenze alla realtà: quella del matematico è quindi la scelta più coraggiosa ed esaltante e va ricordato il fatto che una laurea in matematica richiede probabilmente anche più impegno di una qualsiasi altra laurea. Nel mondo del terzo millennio, un modo fondamentale per aiutare i territori a compiere i “salti di qualità” è quello per cui – Obama docet – la matematica diviene di fatto (negli USA di diritto) ineliminabile da ogni curriculum scolastico, i matematici sono coloro che inviano gli insegnanti, dalla società moderna ritenuti strettamente più “necessari”, nelle Scuole preuniversitarie: possiamo dire che un Dipartimento di Matematica e Informatica ha missioni e potenzialità che rispondono ad una esigenza diffusa di formazione culturale e di maggiore coscienza della condizione umana, col fornire una capacità critica, nel senso di rendere lo studente (futuro “elettore dei destini di un paese”) conscio di quel che accade intorno a lui, un'istruzione liberale ai futuri cittadini, favorendo un clima di razionalità, di tolleranza e di pluralità.
La terza missione è frutto di un progetto finanziato dalla Commissione Europea: essa si affianca alle due tradizionali sopra ricordate e consiste in tutte le attività che ne facilitano l'impegno con la società e l'industria. Sono questi, forse volutamente i soli, gli ambiti di intervento, peraltro di natura completamente diversa.
La terza missione ha però una ineliminabile dimensione territoriale, dovuta alla circostanza, attestata dalla letteratura scientifica, secondo la quale le ricadute della conoscenza prodotta dalla ricerca si manifestano con maggiore probabilità nel territorio “confinante” ovvero nelle vicinanze geografiche. Ciò si spiega in quanto la conoscenza “produttiva” viaggia essenzialmente e fisicamente attraverso i ricercatori, e quindi si muove insieme alle persone che lavorano quotidianamente in posti fisici specifiche e si spostano entro un raggio generalmente limitato. Anche dal lato del sistema delle imprese, è noto che la ricerca di collaborazioni avviene con maggiore intensità con i ricercatori “vicini di casa”. Occorre ricordare che uno dei compiti fondamentali delle università, proprio nel contesto della terza missione, è anche quello di aiutare i territori a compiere i “salti di qualità” che altrimenti non avrebbero le risorse per compiere, in particolare, per quanto riguarda la valorizzazione economica della ricerca, accedendo alle reti mondiali di produzione e circolazione della conoscenza. È forse sotto questo profilo che il MIUR, attraverso l'agenzia ANVUR, cerca di incoraggiare la capacità delle università di portare sul territorio contatti e opportunità di “far sistema” di scala internazionale.
La “terza missione” allora, e ciò abbiamo detto che è ben noto, ha anche una dimensione sociale, perché è la stessa ricerca a richiederla: questa infatti dipende dalla qualità e quantità del “capitale umano”. Il capitale umano si forma con una diffusione disseminata della cultura, con la crescita complessiva del paese, con conoscenze, abilità e competenze diffuse, che sono frutto di tradizione, di approfondimento, di consolidamento, di crescita lenta e costante. Tale “capitale” ha il compito di rappresentare, a lungo andare, il patrimonio cognitivo di una nazione e può essere assicurato da una rete d'istruzione universitaria capillare, di buona qualità e in grado di fornire competenze e mentalità flessibili: non tutti devono essere scienziati e inventori, ma è necessario tutto un ceto di intellettualità diffusa senza la quale la società della conoscenza non potrebbe neanche esistere . Già Vannevar Bush, e dopo di lui altri “formatori di competenze”, aveva portato l'attenzione sul fatto che non è possibile l'innovazione senza parimenti coltivare l'interdisciplinarità e quindi anche sviluppare le ricerche di base (sia nell'ambito scientifico, sia in quello umanistico). Ed allora nessuno mette in dubbio il fatto che l'istruzione è l'elemento strategico sul quale dovrebbero esser concentrati gli sforzi di chi sovrintende al finanziamento delle Università. È dalle università e nelle università che si decide quali cittadini e quale società costruiremo per il nostro domani.
Dal Dipartimento di Matematica e Informatica escono i ricercatori, gli applicati, ovvero i professionisti dell'affrontare i problemi della società e dell'industria, e gli insegnanti (di ogni tipo di scuola, dall'infanzia al liceo).
Vediamo questi ultimi aspetti più da vicino.
Nel mondo di oggi i matematici sono richiestissimi, la matematica è applicabile a qualsiasi cosa, un matematico trova un lavoro stabile nei tre anni dopo la laurea. Per coloro che sono convinti che un matematico serve solo nella scuola, hanno provato anche con il cinema e con le TV a far capire al mondo che i matematici possono essere utili anche al di fuori .
I matematici trovano quasi subito lavoro, nel settore bancario, assicurativo, editoriale, di consulenza, perfino nella polizia scientifica oltre che, naturalmente, nell'insegnamento. I matematici si sentono obbligati a “continuare a studiare” anche dopo la laurea, non necessariamente ancora matematica (ma informatica, economia, biologia, ...), e cercare sempre di utilizzare quel modo di ragionare che li caratterizza in quello che studiano e fanno. Proprio qui sta il problema e la virtù di un matematico: cercare di adattarsi ai vari mestieri cercando di utilizzare al meglio quello che ha studiato. Per un ingegnere, un medico, un avvocato è molto più semplice, sanno già cosa faranno una volta finiti gli studi; il loro lavoro, il più delle volte, sarà strettamente legato ai loro studi, sfrutteranno necessariamente quello che hanno studiato, non avranno bisogno di adattarsi a realtà che apparentemente non gli appartengono. Per un matematico invece è tutto il contrario: perché, partendo dalla sua formazione e dalle cose che ha appreso, il matematico dovrà confrontarsi con problemi concreti (ed anche quelli dell'insegnamento lo sono!) e cercare di risolverli adattando le proprie conoscenze alla realtà: quella del matematico è quindi la scelta più coraggiosa ed esaltante e va ricordato il fatto che una laurea in matematica richiede probabilmente anche più impegno di una qualsiasi altra laurea. Nel mondo del terzo millennio, un modo fondamentale per aiutare i territori a compiere i “salti di qualità” è quello per cui – Obama docet – la matematica diviene di fatto (negli USA di diritto) ineliminabile da ogni curriculum scolastico, i matematici sono coloro che inviano gli insegnanti, dalla società moderna ritenuti strettamente più “necessari”, nelle Scuole preuniversitarie: possiamo dire che un Dipartimento di Matematica e Informatica ha missioni e potenzialità che rispondono ad una esigenza diffusa di formazione culturale e di maggiore coscienza della condizione umana, col fornire una capacità critica, nel senso di rendere lo studente (futuro “elettore dei destini di un paese”) conscio di quel che accade intorno a lui, un'istruzione liberale ai futuri cittadini, favorendo un clima di razionalità, di tolleranza e di pluralità.
Quadro I.1 - PROPRIETÀ INTELLETTUALE
Quadro abilitato in compilazione per il livello di aggregazione dati dell'Ateneo
Quadro abilitato in compilazione per il livello di aggregazione dati dell'Ateneo
Quadro I.2 - SPIN-OFF
Quadro abilitato in compilazione per il livello di aggregazione dati dell'Ateneo
Quadro I.3 - ATTIVITÀ CONTO TERZI
Quadro I.4 - PUBLIC ENGAGEMENT
Quadro I.5 - PATRIMONIO CULTURALE
Quadro abilitato in compilazione per il livello di aggregazione dati Ateneo
Quadro I.6 - TUTELA DELLA SALUTE
Quadro I.7 - FORMAZIONE CONTINUA
Quadro I.8 - STRUTTURE DI INTERMEDIAZIONE
Quadro abilitato in compilazione per il livello di aggregazione dati Ateneo
N. | Nome | Ragione Sociale | Codice Fiscale/Partita Iva | Anno inizio partecipazione | Budget impegnato nell'anno | N.ro addetti (ETP) | N.ro Imprese da inizio partecipazione | N.ro Imprese nell'anno | Fatturato complessivo | N.ro addetti (ETP) delle imprese incubate nell'anno |
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
1. | Incubatore Universitario Fiorentino | 01279680480 | 2011 | 467,29 | 12,20 | 10 | 8 | 809,56 | 17,42 |
N. | Ragione sociale | Anno di inizio partecipazione | Finalità prevalente | Tra i primi 10 dell'Ateneo |
---|---|---|---|---|
1. | Consorzio Interuniversitario Nazionale per l'Informatica - CINI | 2006 | Trasferimento tecnologico (distretti tecnologici e centri di competenza tecnologica), Sostegno all'imprenditorialità (es. PNI Cube), Gestione di attività di formazione e networking legate alla valorizzazione della ricerca (es. NetVal), |