Sezione A - Obiettivi di ricerca del Dipartimento
Il progetto generale di ricerca del Dipartimento si propone di sviluppare una proficua interazione interdisciplinare fra tre fondamentali aree dei saperi contemporanei:
le Scienze Cognitive, sia nella loro canonica strutturazione originaria (Filosofia, Neuroscienze, Scienze dell'informazione e Intelligenza Artificiale, Psicologia, Linguistica) sia nella sua più ampia articolazione contemporanea (Antropologia, Etologia e Biologia evoluzionista, Economia e teoria delle decisioni, Neuroetica, Bioetica, Neuroestetica, Neuropedagogia e sistemi di apprendimento);
le Scienze della Formazione, sia nella loro tradizione storica (Pedagogia, Storia delle pedagogie, delle istituzioni e dei sistemi educativi) sia nelle attuali proiezioni teoriche e applicative (Pedagogia speciale, Pedagogia sociale, Pedagogia interculturale, Psicopedagogie e psicologie dell'educazione, Pedagogia sperimentale, Didattiche e tecnologie dell'istruzione e dell'apprendimento);
gli Studi Culturali che abbracciano i più attuali sviluppi degli studi sociali (le Antropologie e le Sociologie critiche, le Discipline della territorialità e della Storia delle culture, l'approccio comparativo e semiotico-critico alle Lingue, alle Letterature e alle Arti performative, le Scienze della Comunicazione nei processi attuali di globalizzazione e rilocalizzazione culturale).
Considerata la natura fortemente interdisciplinare della ricerca in queste tre aree culturali il Dipartimento, la cui ampia maggioranza appartiene all'Area-CUN 11 (Scienze storico-filosofiche, pedagogiche e psicologiche, circa il 55%), 10 (Scienze linguistico-artistico-letterarie, circa 15%) e 14 (Scienze politiche e sociali, 15%) potrà accogliere tutti gli studiosi che operano comunque, in un settore scientifico-disciplinare inerente una delle tre aree di saperi interdisciplinari (in particolari quelle che comprendono le scienze informatiche, le scienze della vita e quelle economico-statistiche, circa il 15%). Lo scopo del Dipartimento è, infatti, quello di realizzare la massima sinergia possibile di risorse nella progettazione di attività di ricerca e di didattica atte a incidere in maniera decisiva sul territorio, sviluppando saperi tecnologici e umanistici direttamente applicabili ad alcuni dei settori di maggiore portata strategica e valenza occupazionale qualificata.
Nel dettaglio il progetto scientifico del Dipartimento nasce dall'interazione interdisciplinare fra tre fondamentali aree dei saperi contemporanei: le Scienze Cognitive, le Scienze della Formazione e gli Studi culturali.
Le Scienze Cognitive hanno come oggetto di studio la natura e il funzionamento della mente in un qualunque sistema pensante, naturale o artificiale. Si tratta di un progetto tra i più ambiziosi che siano mai stati avanzati nella storia della culturale occidentale. Un programma di ricerca che mira a spiegare i processi mentali in maniera talmente trasparente che anche una macchina possa poi riprodurli, simulando le procedure delle nostre attività: inferire, dedurre, argomentare, ma anche essere consapevoli, credere, immaginare, desiderare. Diverse scienze si sono già occupate di questioni simili: certamente la filosofia, la psicologia, la neurologia, la linguistica, l'informatica, che, non a caso, costituiscono gli architravi del cognitivismo, sin dai suoi esordi. La natura delle scienze cognitive, tuttavia, non si identifica con quella di nessuna di queste discipline considerate nella loro separatezza. Più che in un programma generale di declaratorie e scopi, le scienze cognitive si riconoscono, infatti, in un metodo interdisciplinare adottato in tutto il mondo da un numero sempre maggiore di ricercatori di aree diverse. Si tratta di una vera e propria etica cooperativa della ricerca scientifica. Essa ha avuto soprattutto il merito di risolvere problemi che erano divenuti misteri nel chiuso delle singole discipline.
Dal punto di vista storico le Scienze cognitive hanno ormai più di mezzo secolo. La riflessione sulla natura della cognizione, nata nell'ambito del pensiero matematicocibernetico, si è ormai estesa a macchia d'olio su tutte le scienze umane e naturali. Da Turing, Simon, Newell, siamo giunti oggi a Chomsky, Fodor, Dennett, Pinker, Gazzaniga, Kandell, Damasio, U. e Ch. Frith, ma anche a Dan Sperber, Ned Block, Daniel Kahneman e Vernon Smith e a tanti altri, compresi tutti coloro che stanno dando un contributo decisivo all'incontro tra la biologia evoluzionistica, l'etologia e le neuroscienze. Anche dal punto di vista dell'espansione geografica le scienze cognitive costituiscono ormai un filone di studi ubiquitario: affermatisi dapprima negli Stati Uniti, si sono diffusi in tutta l'Europa continentale, in Asia, in Cina, in India, in Australia. In Italia godono ormai di una buona diffusione, nonostante siano ancora pochi i corsi di laurea magistrale, ma abbastanza numerosi i Dottorati di ricerca, i Centri di Studio e i Dipartimenti universitari che ad esse si richiamano. Tra gli studiosi più importanti Rizzolatti e Gallese, l'équipe del San Raffaele, numerosi etologi, biologi e filosofi della mente.
L'Università di Messina (appunto con l'ex Dipartimento di Scienze cognitive fondato già nel 1998) è unanimamente riconosciuta come una delle sedi di eccellenza delle Scienze cognitive in Italia, contando uno dei tre corsi di laurea magistrale attualmente attivi, un Dipartimento dedicato e numerosi Centri interdipartimentali, una scuola di Dottorato, uno specifico Dottorato di ricerca: è inoltre sede fondatrice del CO.DI.SCO, il Coordinamento dei Dottorati Italiani di Scienze Cognitive che raccoglie quasi tutti i Dottorati di area. La specializzazione messinese nell'ambito delle scienze cognitive è l'applicazione dell'evoluzionismo e dell'etologia alle filosofie della mente, del linguaggio e della coscienza, e la creazione della psicopatologia del linguaggio: un nuovo filone di studi sul rapporto tra patologie linguistiche e psicosi (schizofrenia e paranoia). Una specifica rivista, “RSL, Italian Journal of Cognitive Sciences”, edita da Il Mulino, Bologna, è stata fondata ed è attualmente diretta dal gruppo dirigente del Dipartimento.
Sotto il profilo delle applicazioni pratiche si aprono ampie opportunità per la ricerca di base e innumerevoli possibilità in campo tecnolologico e riabilitativo. Per il Dipartimento, infatti, l'appello alle scienze cognitive svolge una duplice funzione. Da una parte, è in grado di assicurare alla ricerca dei suoi membri la necessaria integrazione dei vari saperi disciplinari all'interno di una prospettiva unitaria di ricerca. Dall'altra parte facilita i modi particolari di esercitare concretamente la pratica della ricerca scientifica approfittando della ampiezza e del successo che caratterizzano la ricerca di base in queste aree. Il ruolo di “sfondo teorico” che le scienze cognitive possono assicurare alla ricerca dei membri del Dipartimento permette di orientare nella direzione di un confronto serrato con la contemporaneità molti saperi umanistici tradizionali. Si tratta di coltivare delle scienze umanistiche “rinnovate” e aperte ai saperi tecnologici e scientifici contemporanei, di comprometterle cioè con le aree della cultura più vivaci scientificamente, nonché più invitanti dal punto di vista lavorativo.
La ricerca del Dipartimento è volta a investigare come funzionano i processi della conoscenza e della comunicazione umane nella convinzione che far interagire le competenze sia fruttuoso e persino necessario. Proprio per questi motivi l'indagine sui processi cognitivi appare un ambito di studio utile e un punto di osservazione privilegiato per comprendere l'interazione tra individuo e ambiente, per prendere in esame i vincoli propri dell'essere umano nel momento in cui acquisisce le informazioni, le elabora e le recupera utilizzandole per le molteplici attività in cui è costantemente impegnato.
In questo modo diventa possibile riuscire a stabilire un legame tra le abilità cognitive e lo studio delle manifestazioni comportamentali degli individui all'interno del contesto in cui essi si muovono e agiscono, indirizzando così la ricerca anche verso la comprensione dei fenomeni naturali e sociali. Ancora, il modo in cui le reti della conoscenza vengono plasmate a partire dalla struttura naturale dell'organismo umano e della sua psicologia, come si vede per esempio dagli studi embrionali di ergonomia cognitiva – e l'effetto di retroazione che gli artefatti tecnologici e informatici esercitano sulla mente umana e sull'organizzazione sociale, formano un insieme di saperi estremamente utili e sempre più promettenti.
Lo studio dei meccanismi cognitivi e dei fattori sociologici e culturali alla base della interazione fra l'essere umano e gli strumenti informatici (Human-Computer Interaction), nonchè delle modalità con le quali questa interazione può essere migliorata, ovvero resa più efficiente efficace e confortevole, costituisce da alcuni anni uno degli ambiti di ricerca e sviluppo di maggior rilievo nel settore delle alte tecnologie. Un significativo esempio è dato dall'impegno dedicato dalle industrie per migliorare il modo con cui si interagisce con il telefono cellulare, che nel tempo ha mutato forma e funzione fino a diventare un vero e proprio terminale di collegamento con un cyber-universo fatto di web, social network, multimedia e comunicazione sincrona ed asincrona (instant messaging). La componente umana (prevalentemente cognitiva, anche se intervengono anche fattori di fisiologia ed ergonomia) dell'interazione deve essere tenuta in considerazione, studiata e modellata con un grado di accuratezza almeno pari a quello della componente tecnologica, con l'obiettivo di ottenere fra esse un perfetto bilanciamento ed il più alto grado di comunicazione ed integrazione. Per competenze interdisciplinari ed ambito culturale il Dipartimento si propone quale sede elettiva, nell'Ateneo messinese, per l'approfondimento di queste tematiche.
Le scienze cognitive hanno inoltre un vasto impiego – e una altrettanto estesa serie di opportunità di ricerca – nel campo della riabilitazione e più in generale della cura della persona. Si tratta di approfittare delle conoscenze acquisite relativamente al funzionamento fisiologico dei vari processi cognitivi e di metterle in gioco nella progettazione di apparati e tecniche riabilitative più efficaci di quelli adesso disponibili. Inoltre le prospettive aperte dall'interazione, ormai da anni consolidata, tra scienza cognitiva e psicologia clinica sono altrettanto vaste.
La rilevanza di una simile integrazione è suggerita dalla ormai ovvia importanza di studiare i processi psicopatologici alla luce delle conoscenze della psicologia del normale. Da un lato, le teorie sull'architettura funzionale della mente rappresentano un solido quadro concettuale entro cui costruire modelli clinici più efficenti. D'altra parte, gli studi clinici costituiscono anche un utile banco di prova sulla validità ecologica dei modelli proposti dalla scienza cognitiva. Oggi nessuno sarebbe disposto ad accettare che le conoscenze della patologia medica siano sganciate dalle conoscenze di anatomia e fisiologia del normale. Analogamente, non si dovrebbe accettare l'assenza di interesse da parte di chi si occupa di processi patologici per la psicologia del normale. La psicopatologia rappresenta, oltre che un campo di applicazione clinica e tecnologica per le teorie cognitiviste, anche un modo di saggiare quelle teorie.
“Rinnovare” i saperi umanistici tradizionali non ha nulla di regressivo e non costituisce affatto una resa di fronte ai lati deteriori della cultura dei mass media. Al contrario, si tratta di raccogliere la sfida della società contemporanea e di mettere al suo servizio il deposito tradizionale delle scienze dell'uomo. Così facendo tale deposito può anche fungere da base per una critica della società più efficace e non ideologica.
La filosofia, per esempio, può mettere la tradizionale inclinazione italiana a riflettere sulla storia del pensiero al servizio di impieghi nuovi come la bioetica e la neuroetica, la filosofia della mente, le scienze cognitive del linguaggio o la neuroestetica e le applicazioni della psicobiologia e dell'estetica alle arti visive e performative. Così, la ricerca filosofica tradizionale può svilupparsi in collaborazione con le aree della filosofia oggi al centro della scena culturale: estendere, inoltre, i saperi filosofici alle prassi e ai bisogni che si manifestano nelle nuove società ipercomplesse delle comunicazioni globali.
Analoghe considerazioni valgono per le scienze del linguaggio al di fuori della loro tradizionale dimensione storico-filologica: un allargamento di orizzonti per un verso sempre più generali, come le grandi tematiche della biolinguistica o degli universali logico-cognitivi sedimentati negli usi, per altro verso sempre più applicate alla dimensione pragmatica e sociolinguistica degli idiomi storico-naturali.
Raccogliere, infine, la sfida delle nuove forme di organizzazione sociale e dei risultati della scienza per i tradizionali saperi umanistici significa, oltre che darsi una possibilità nuova, anche svolgere la propria funzione sociale consistente nel rendere utili gli studi specialistici nel quadro dell'istituzione pubblica dell'Università.
Le scienze della formazione. Ampio e ricco di articolazioni il campo di ricerca delle Scienze della Formazione è in costante evoluzione ed espansione comprendendo studi, ricerche, epistemologie che allargano i temi e le prospettive pedagogiche, in un tempo in cui i confini disciplinari diventano permeabili e le sollecitazioni che giungono da ogni parte concorrono a nuove riflessioni sull'educazione e la formazione. L'ampio ventaglio di studi e ricerche, in cui la riflessione educativa e formativa appare fondamentale ed irrinunciabile, è da intravedersi in una duplice prospettiva: sia in quanto essa è a fondamento delle tradizionali scienze pedagogiche e dell'educazione, sia in quanto studi e ricerche sono collocati in un orizzonte “pluriverso” rappresentato dallo scenario dell'attuale società post-moderna, ipercomplessa, globalizzata.
“Pensare” la formazione in questo scenario significa orientarsi dentro uno statuto scientifico divenuto fluido ma non per questo meno rigoroso e privo di teoreticità. Giova invece il suo carattere trasversale che raggiunge significativamente i vari rami della cultura formativa e pedagogica, articolata tra scienze umane e sociali. In un certo senso, si tratta di abbandonare enciclopedie di saperi monoculturali, di prescindere da paradigmi aventi una struttura semplicistica, e di far assumere una valenza multilaterale al sapere scientifico derivante dalle discipline pedagogiche e socio-antropologiche.
Il ruolo delle Scienze della Formazione appare, così, più concreto e stabile in un clima sociale che accentua il mutamento storico e culturale di una società che sembra talvolta smarrire e disorientare i più giovani, allorché viene meno loro la possibilità di realizzare i valori di libertà e di emancipazione. Si tratta quindi di recuperare, con un progetto ampio e serio, un orizzonte di valori formativi e duraturi, tra cui quelli connessi alla cittadinanza, allo sviluppo umano, alla pace, al (bi)sogno di futuro. Tutto ciò diventa fondamentale se si considera che il nostro è il tempo della mondialità e dell'intercultura, il tempo della tecnologia e delle scritture telematiche, dello sviluppo sostenibile, dell'inquinamento e dei gas serra, il tempo della globalizzazione economica e della sopravvivenza in termini di povertà e di esclusione dalla ricchezza, del progresso tecnologico, del post-umano.
Ecco perché occorre una struttura dipartimentale che sorregga una tale corposa e sinergica rete di studi e ricerche con cui sarà possibile arricchire e rendere maggiormente strutturato un campo come quello delle Scienze della Formazione: possibilità di interagire, di avvalersi nella reciprocità di radici e tradizioni, di linguaggi e semiologie, di strumenti e metodologie innovative, di apparati e costrutti, di dispositivi teorici e di metodi di ricerca plurimi. La ricerca pedagogica che gestisce e cura la formazione di varie figure professionali anche nei vasti territori del saper fare (oltre che dell'essere) è oggi pronta a confrontarsi con imperativi di eccellenza scientifica nei sempre più esigenti e concorrenziali settori dell'imprenditoria, come pure verso il raggiungimento del successo formativo. La formazione come impresa non dovrà tuttavia abolire lo spazio per la realizzazione della persona.
Le Scienze della formazione, in definitiva, sono impegnate ad orientare i propri studi verso un sapere che declina l'educazione non più esclusivamente verso il tradizionale territorio della scuola e delle professioni scolastiche, quanto piuttosto in tutti quei campi del sociale nei quali la civiltà odierna pone esigenze di cambiamento e di adattamento alla realtà che evolve in tempi sempre più rapidi. Da ciò deriva l'urgente necessità di progettare, elaborare, implementare percorsi culturali universitari dalla forte connotazione educativa, capaci di dare risposte efficaci a situazioni nuove, spesso originate dalle numerose sfide sociali, economiche, culturali, tra cui: la mobilità/flessibilità/precarietà nel lavoro e il conseguente bisogno di acquisire competenze per tutto l'arco della vita (lifelong learning); la riabilitazione e la rieducazione in seguito a percorsi di vita segnati dal disagio, dalla marginalità, dall'esclusione, dalle nuove povertà; l'adattamento a situazioni familiari disgreganti; la realizzazione di programmi educativi interculturali riguardanti l'integrazione, la cittadinanza multiculturale, il rafforzamento dell'antirazzismo; i processi inclusivi per le persone con Bisogni Educativi Speciali (BES).
Sempre più si avverte l'esigenza di una apertura verso il settore del lavoro sociale (social-work), laddove è oramai divenuta significativa la figura professionale dell'operatore di strada. Rappresenta anche un traguardo per le Scienze della formazione, che hanno già una apertura sul territorio, impegnarsi a delineare figure professionali innovative (mediatori interculturali, operatori di pace - peace keaping, ecc.), e quindi promuovere sbocchi lavorativi per i cosiddetti laureati in “scienze dell'umanità”. Imprescindibile, infine, risulta essere anche la questione riguardante la formazione dei docenti nei vari livelli scolastici.
Gli Studi culturali rappresentano un'area culturale emergente che trae origini dall'estendersi della critica letteraria e comparata al dominio delle società di massa attraverso una originale riflessione sulla cultura considerata come la somma delle interrelazioni tra le diverse pratiche sociali. Da questo punto di vista le scienze sociali hanno approfondito i numerosi approcci legati alle teorie degli agenti sociali sia in direzione aggregante sia in relazione alle spinte centripete che tendono a riarticolare continuamente i processi del divenire sociale, oggi particolarmente vorticosi per gli inarrestabili progressi della globalizzazione. Dal punto di vista storico si fanno generalmente risalire i Cultural studies alle opere di Raymond Williams (1958) e Richard Hoggart (1957), ma spesso vengono citati nella tradizione i grandi rappresentanti del marxismo novecentesco di estrazione gramsciana o francofortese: György Lukács, Antonio Gramsci, Theodor W. Adorno, Walter Benjamin, Jürgen Habermas, Max Horkheimer. A questo nucleo storico che spesso si è trovato in originale commistione con esponenti del femminismo e della psicoanalisi (L. Althusser, L. Irigaray), si sono ormai sistematicamente sovrapposti sia i rappresentanti delle antropologie e sociologie critiche, sia gli studiosi delle variazioni culturali di origine territoriale e storica, sia i sostenitori dell'approccio semiotico e comparativo alle Lingue, alle Letterature, alle arti performative e alle Scienze della Comunicazione, nei processi attuali di globalizzazione e rilocalizzazione culturale.
Tra le discipline storico-territoriali la geografia, benché indubbiamente collocata tra scienze della natura e scienze sociali, ha di fatto marcato un originale orientamento nell'ambito di queste ultime, attraverso una ideale comunanza d'alveo quanto ad oggetto indagato e metodo praticato. Difatti, lungo la strada percorsa, che testimonia della sua partecipazione all'evoluzione delle idee e della cultura, questa disciplina ha sperimentato l'inserimento tra le scienze sociali, alimentando la propria identità sempre più marcatamente nell'autocoscienza delle questioni e contribuendo in maniera significativa all'elaborazione di percorsi concettuali e metodologici atti ad integrare impostazioni di differenti saperi. Ciò non può originarsi sul terreno astratto di una interdisciplinarietà programmatica, ma deve prendere avvio da problemi e interessi culturali condivisi misurandosi con alcuni nodi emergenti della realtà concreta e definendo un nuovo linguaggio. Un incontro tra discipline che studiano i processi evolutivi dei territori, delle società, delle economie, delle culture e quelle che si propongono di governare tali processi. E se, per un verso, occorre sedimentare e consolidare la ricerca sui mondi apparentemente oggi lontani, dall'altro, va da sé che anche la “geografia del vicino” necessita di uno sguardo “mobile”, capace di seguire i mutamenti rapidi che avvengono nelle società contemporanee, che si riconfigurano attraverso la produzione di vecchi e nuovi riti, mentre i territori si frantumano in frammenti di formale e informale, intrecciando pratiche ed economie, non solo nuove ma anche antiche.
L'affermarsi delle scienze umane e sociali, d'altrocanto, ha rappresentato uno dei tratti costitutivi del panorama scientifico intellettuale novecentesco. L'emergere di specifici saperi disciplinari interessati a conoscere (ed insieme a governare) quel nuovo insieme di fenomeni indicati da nozioni come “società”, “cultura”, “struttura”, “sistema”, “processo”, ha portato, infatti, ad una radicale trasformazione del sapere ottocentesco (storico-filosofico) e, nel corso del secolo, all'accumularsi di conoscenze sociologiche, antropologiche, politologiche, linguistiche, economiche, psicologiche, pedagogiche che hanno drasticamente mutato sia la concezione e la comprensione dell'essere umano (il “soggetto” foucaultiano) nella sua dimensione sociale, sia l'idea stessa della sua storicità (con l'emergere delle storiografie strutturali). Questo processo, anticipato e più marcato in contesti anglofoni (USA, Regno Unito) e in Francia (ma si consideri la tradizione di studi di una paese come il Brasile), si è imposto tra gli anni ‘60 e ‘80 del Novecento anche nell'Università e nella società italiana. Nel nostro Ateneo la presenza delle scienze sociali e umane, seppur significativa, è rimasta però frammentaria e frammentata, senza riuscire, fino ad ora, a coagularsi in un polo unitario di ricerca e formazione. Il costituirsi di una sezione di studi culturali di natura antropologica e sociologica all'interno del Dipartimento vuole essere un consapevole tentativo di colmare il vuoto istituzionale appena segnalato e, dunque, di aggregare quei saperi sociali, fino ad ora dispersi, in un'entità di ricerca e formazione che, pur mantenendo la possibilità di agire da sostegno ad altri, connessi saperi, sia capace di operare in maniera autonoma, innovativa, propositiva e critica anche nel dialogo con le dinamiche e le esigenze dei territori.
Nel campo degli studi sulle lingue, le letterature e le culture comparate, la prospettiva dei Cultural studies intende segnalarsi come un luogo di dialogo internazionale in cui non ci si limiti ad effettuare ricognizioni erudite, ma ci si muova in un ambito critico che intende conservare e promuovere un rapporto costante con la teoria della letteratura. L'intento è infatti, anche dove l'attenzione sia prestata ad autori e problemi specifici di una determinata realtà culturale, di suggerire riflessioni di valenza generale. La prospettiva comparatistica, in questo senso, appare indispensabile all'attuale riflessione critica, in considerazione di tutto ciò che si va creativamente producendo e che continuamente modifica il quadro delle nostre convinzioni. Le “letterature”, dunque, con le loro specifiche regionali e insieme con il loro concorrere ad una tradizione eterogenea. E le “culture”, perché si vuole riproporre anzitutto il quesito su come debbano essere intesi e analizzati i margini dell'attività umana. Non s'intende porre dei limiti cronologici o geografici alla ricerca, ma è tuttavia nel presente che questa sezione vuole anzitutto operare, esaminando criticamente le proposte che cercano nella contemporaneità di declinare e rendere attuale l'antica arte della parola , interrogandosi anche sulle modalità con cui, attraverso il lavoro di traduzione, l'opera superi le barriere linguistiche e partecipi al multiforme rinnovarsi delle morfologie culturali.
All'interno di quest'area un profilo del tutto peculiare è ritagliato per le arti performative. “Performatività”, nello specifico, significa “capacità di agire qualcosa”, rimanda alla sfera del fare, del compiere un'azione. Già dal finire degli anni '50, il termine iniziò a trovare larga applicazione nell'ambito degli studi umanistici e con esso tuttora ci si riferisce a forme di produzione artistica composite basate sull'interpretazione dell'artista e su un attivo coinvolgimento del pubblico. Con tale definizione si intendeva allora raccogliere, sulla scorta di R. Schechner e W. Tuner, forme di ricerca in cui poter spostare la percezione della cultura da una statica collezione di artefatti ad una rete di interazioni, un network dinamico di processi interrelati e multilivello che contestava la fissità di forma, struttura, valore o significato. Oggi la Performatività delle arti si colloca nel solco di un rinnovato approccio metodologico che tenga conto del carattere “aperto” e reticolare della cultura contemporanea. Nonostante le retoriche legate ad una radicale settorializzazione del sapere, si assiste alla crescente esigenza di uno sguardo d'insieme, capace di attraversare generi e campi disciplinari. Si tratta di un'ibridazione favorita dall'attitudine dei nuovi media ad un sapere “connesso” e capace di inscriversi, appunto, in una rete in cui l'universalità della conoscenza riacquisti il proprio peculiare sapore. Il concetto di Performatività si estende oggi anche alle dinamiche dell'identità, rifiutando ogni essenzialismo e localismo. Pensare l'identità in termini performativi significa pensarla come un ruolo che si gioca in parallelo ad altri ruoli, alle singole identità nazionali, che a loro volta convivono con quelle locali. È chiaro che un'impresa simile deve saper intrecciare la sintesi storica con l'analisi di tutti gli elementi trasversali che ricorrono in diverse epoche e in diverse culture: movimenti, generi letterari, temi ricorrenti. E, soprattutto, deve esperire il confronto fra la letteratura, gli altri saperi (scienza, filosofia, diritto) e le altre forme di comunicazione artistica (arti visive, musica, teatro, cinema, fotografia, televisione), seguendo la pratica della comparazione interartistica.
Quello che unitariamente si va a costituire all'interno del nuovo Dipartimento è, dunque, uno spazio culturalmente dinamico, nel quale specialisti di un know how umanistico e sociale sedimentatosi anche nel nostro Ateneo negli ultimi decenni, scelgono di non chiudersi in isole di specialismo accademico filologicamente pure, ma accettano le nuove sfide della complessità e dell'interculturalità. Sia nella ricerca che nella didattica quella degli Studi culturali si propone come un'area di sperimentazione nella quale e attraverso la quale indagare i mondi contemporanei, riflettere sulle dinamiche che li animano e costruire quelle nuove conoscenze (sempre meno eurocentriche e sempre più “ibride”) delle quali avranno bisogno le generazioni future che nell'area euro-afro-mediterranea dovranno convivere.
le Scienze Cognitive, sia nella loro canonica strutturazione originaria (Filosofia, Neuroscienze, Scienze dell'informazione e Intelligenza Artificiale, Psicologia, Linguistica) sia nella sua più ampia articolazione contemporanea (Antropologia, Etologia e Biologia evoluzionista, Economia e teoria delle decisioni, Neuroetica, Bioetica, Neuroestetica, Neuropedagogia e sistemi di apprendimento);
le Scienze della Formazione, sia nella loro tradizione storica (Pedagogia, Storia delle pedagogie, delle istituzioni e dei sistemi educativi) sia nelle attuali proiezioni teoriche e applicative (Pedagogia speciale, Pedagogia sociale, Pedagogia interculturale, Psicopedagogie e psicologie dell'educazione, Pedagogia sperimentale, Didattiche e tecnologie dell'istruzione e dell'apprendimento);
gli Studi Culturali che abbracciano i più attuali sviluppi degli studi sociali (le Antropologie e le Sociologie critiche, le Discipline della territorialità e della Storia delle culture, l'approccio comparativo e semiotico-critico alle Lingue, alle Letterature e alle Arti performative, le Scienze della Comunicazione nei processi attuali di globalizzazione e rilocalizzazione culturale).
Considerata la natura fortemente interdisciplinare della ricerca in queste tre aree culturali il Dipartimento, la cui ampia maggioranza appartiene all'Area-CUN 11 (Scienze storico-filosofiche, pedagogiche e psicologiche, circa il 55%), 10 (Scienze linguistico-artistico-letterarie, circa 15%) e 14 (Scienze politiche e sociali, 15%) potrà accogliere tutti gli studiosi che operano comunque, in un settore scientifico-disciplinare inerente una delle tre aree di saperi interdisciplinari (in particolari quelle che comprendono le scienze informatiche, le scienze della vita e quelle economico-statistiche, circa il 15%). Lo scopo del Dipartimento è, infatti, quello di realizzare la massima sinergia possibile di risorse nella progettazione di attività di ricerca e di didattica atte a incidere in maniera decisiva sul territorio, sviluppando saperi tecnologici e umanistici direttamente applicabili ad alcuni dei settori di maggiore portata strategica e valenza occupazionale qualificata.
Nel dettaglio il progetto scientifico del Dipartimento nasce dall'interazione interdisciplinare fra tre fondamentali aree dei saperi contemporanei: le Scienze Cognitive, le Scienze della Formazione e gli Studi culturali.
Le Scienze Cognitive hanno come oggetto di studio la natura e il funzionamento della mente in un qualunque sistema pensante, naturale o artificiale. Si tratta di un progetto tra i più ambiziosi che siano mai stati avanzati nella storia della culturale occidentale. Un programma di ricerca che mira a spiegare i processi mentali in maniera talmente trasparente che anche una macchina possa poi riprodurli, simulando le procedure delle nostre attività: inferire, dedurre, argomentare, ma anche essere consapevoli, credere, immaginare, desiderare. Diverse scienze si sono già occupate di questioni simili: certamente la filosofia, la psicologia, la neurologia, la linguistica, l'informatica, che, non a caso, costituiscono gli architravi del cognitivismo, sin dai suoi esordi. La natura delle scienze cognitive, tuttavia, non si identifica con quella di nessuna di queste discipline considerate nella loro separatezza. Più che in un programma generale di declaratorie e scopi, le scienze cognitive si riconoscono, infatti, in un metodo interdisciplinare adottato in tutto il mondo da un numero sempre maggiore di ricercatori di aree diverse. Si tratta di una vera e propria etica cooperativa della ricerca scientifica. Essa ha avuto soprattutto il merito di risolvere problemi che erano divenuti misteri nel chiuso delle singole discipline.
Dal punto di vista storico le Scienze cognitive hanno ormai più di mezzo secolo. La riflessione sulla natura della cognizione, nata nell'ambito del pensiero matematicocibernetico, si è ormai estesa a macchia d'olio su tutte le scienze umane e naturali. Da Turing, Simon, Newell, siamo giunti oggi a Chomsky, Fodor, Dennett, Pinker, Gazzaniga, Kandell, Damasio, U. e Ch. Frith, ma anche a Dan Sperber, Ned Block, Daniel Kahneman e Vernon Smith e a tanti altri, compresi tutti coloro che stanno dando un contributo decisivo all'incontro tra la biologia evoluzionistica, l'etologia e le neuroscienze. Anche dal punto di vista dell'espansione geografica le scienze cognitive costituiscono ormai un filone di studi ubiquitario: affermatisi dapprima negli Stati Uniti, si sono diffusi in tutta l'Europa continentale, in Asia, in Cina, in India, in Australia. In Italia godono ormai di una buona diffusione, nonostante siano ancora pochi i corsi di laurea magistrale, ma abbastanza numerosi i Dottorati di ricerca, i Centri di Studio e i Dipartimenti universitari che ad esse si richiamano. Tra gli studiosi più importanti Rizzolatti e Gallese, l'équipe del San Raffaele, numerosi etologi, biologi e filosofi della mente.
L'Università di Messina (appunto con l'ex Dipartimento di Scienze cognitive fondato già nel 1998) è unanimamente riconosciuta come una delle sedi di eccellenza delle Scienze cognitive in Italia, contando uno dei tre corsi di laurea magistrale attualmente attivi, un Dipartimento dedicato e numerosi Centri interdipartimentali, una scuola di Dottorato, uno specifico Dottorato di ricerca: è inoltre sede fondatrice del CO.DI.SCO, il Coordinamento dei Dottorati Italiani di Scienze Cognitive che raccoglie quasi tutti i Dottorati di area. La specializzazione messinese nell'ambito delle scienze cognitive è l'applicazione dell'evoluzionismo e dell'etologia alle filosofie della mente, del linguaggio e della coscienza, e la creazione della psicopatologia del linguaggio: un nuovo filone di studi sul rapporto tra patologie linguistiche e psicosi (schizofrenia e paranoia). Una specifica rivista, “RSL, Italian Journal of Cognitive Sciences”, edita da Il Mulino, Bologna, è stata fondata ed è attualmente diretta dal gruppo dirigente del Dipartimento.
Sotto il profilo delle applicazioni pratiche si aprono ampie opportunità per la ricerca di base e innumerevoli possibilità in campo tecnolologico e riabilitativo. Per il Dipartimento, infatti, l'appello alle scienze cognitive svolge una duplice funzione. Da una parte, è in grado di assicurare alla ricerca dei suoi membri la necessaria integrazione dei vari saperi disciplinari all'interno di una prospettiva unitaria di ricerca. Dall'altra parte facilita i modi particolari di esercitare concretamente la pratica della ricerca scientifica approfittando della ampiezza e del successo che caratterizzano la ricerca di base in queste aree. Il ruolo di “sfondo teorico” che le scienze cognitive possono assicurare alla ricerca dei membri del Dipartimento permette di orientare nella direzione di un confronto serrato con la contemporaneità molti saperi umanistici tradizionali. Si tratta di coltivare delle scienze umanistiche “rinnovate” e aperte ai saperi tecnologici e scientifici contemporanei, di comprometterle cioè con le aree della cultura più vivaci scientificamente, nonché più invitanti dal punto di vista lavorativo.
La ricerca del Dipartimento è volta a investigare come funzionano i processi della conoscenza e della comunicazione umane nella convinzione che far interagire le competenze sia fruttuoso e persino necessario. Proprio per questi motivi l'indagine sui processi cognitivi appare un ambito di studio utile e un punto di osservazione privilegiato per comprendere l'interazione tra individuo e ambiente, per prendere in esame i vincoli propri dell'essere umano nel momento in cui acquisisce le informazioni, le elabora e le recupera utilizzandole per le molteplici attività in cui è costantemente impegnato.
In questo modo diventa possibile riuscire a stabilire un legame tra le abilità cognitive e lo studio delle manifestazioni comportamentali degli individui all'interno del contesto in cui essi si muovono e agiscono, indirizzando così la ricerca anche verso la comprensione dei fenomeni naturali e sociali. Ancora, il modo in cui le reti della conoscenza vengono plasmate a partire dalla struttura naturale dell'organismo umano e della sua psicologia, come si vede per esempio dagli studi embrionali di ergonomia cognitiva – e l'effetto di retroazione che gli artefatti tecnologici e informatici esercitano sulla mente umana e sull'organizzazione sociale, formano un insieme di saperi estremamente utili e sempre più promettenti.
Lo studio dei meccanismi cognitivi e dei fattori sociologici e culturali alla base della interazione fra l'essere umano e gli strumenti informatici (Human-Computer Interaction), nonchè delle modalità con le quali questa interazione può essere migliorata, ovvero resa più efficiente efficace e confortevole, costituisce da alcuni anni uno degli ambiti di ricerca e sviluppo di maggior rilievo nel settore delle alte tecnologie. Un significativo esempio è dato dall'impegno dedicato dalle industrie per migliorare il modo con cui si interagisce con il telefono cellulare, che nel tempo ha mutato forma e funzione fino a diventare un vero e proprio terminale di collegamento con un cyber-universo fatto di web, social network, multimedia e comunicazione sincrona ed asincrona (instant messaging). La componente umana (prevalentemente cognitiva, anche se intervengono anche fattori di fisiologia ed ergonomia) dell'interazione deve essere tenuta in considerazione, studiata e modellata con un grado di accuratezza almeno pari a quello della componente tecnologica, con l'obiettivo di ottenere fra esse un perfetto bilanciamento ed il più alto grado di comunicazione ed integrazione. Per competenze interdisciplinari ed ambito culturale il Dipartimento si propone quale sede elettiva, nell'Ateneo messinese, per l'approfondimento di queste tematiche.
Le scienze cognitive hanno inoltre un vasto impiego – e una altrettanto estesa serie di opportunità di ricerca – nel campo della riabilitazione e più in generale della cura della persona. Si tratta di approfittare delle conoscenze acquisite relativamente al funzionamento fisiologico dei vari processi cognitivi e di metterle in gioco nella progettazione di apparati e tecniche riabilitative più efficaci di quelli adesso disponibili. Inoltre le prospettive aperte dall'interazione, ormai da anni consolidata, tra scienza cognitiva e psicologia clinica sono altrettanto vaste.
La rilevanza di una simile integrazione è suggerita dalla ormai ovvia importanza di studiare i processi psicopatologici alla luce delle conoscenze della psicologia del normale. Da un lato, le teorie sull'architettura funzionale della mente rappresentano un solido quadro concettuale entro cui costruire modelli clinici più efficenti. D'altra parte, gli studi clinici costituiscono anche un utile banco di prova sulla validità ecologica dei modelli proposti dalla scienza cognitiva. Oggi nessuno sarebbe disposto ad accettare che le conoscenze della patologia medica siano sganciate dalle conoscenze di anatomia e fisiologia del normale. Analogamente, non si dovrebbe accettare l'assenza di interesse da parte di chi si occupa di processi patologici per la psicologia del normale. La psicopatologia rappresenta, oltre che un campo di applicazione clinica e tecnologica per le teorie cognitiviste, anche un modo di saggiare quelle teorie.
“Rinnovare” i saperi umanistici tradizionali non ha nulla di regressivo e non costituisce affatto una resa di fronte ai lati deteriori della cultura dei mass media. Al contrario, si tratta di raccogliere la sfida della società contemporanea e di mettere al suo servizio il deposito tradizionale delle scienze dell'uomo. Così facendo tale deposito può anche fungere da base per una critica della società più efficace e non ideologica.
La filosofia, per esempio, può mettere la tradizionale inclinazione italiana a riflettere sulla storia del pensiero al servizio di impieghi nuovi come la bioetica e la neuroetica, la filosofia della mente, le scienze cognitive del linguaggio o la neuroestetica e le applicazioni della psicobiologia e dell'estetica alle arti visive e performative. Così, la ricerca filosofica tradizionale può svilupparsi in collaborazione con le aree della filosofia oggi al centro della scena culturale: estendere, inoltre, i saperi filosofici alle prassi e ai bisogni che si manifestano nelle nuove società ipercomplesse delle comunicazioni globali.
Analoghe considerazioni valgono per le scienze del linguaggio al di fuori della loro tradizionale dimensione storico-filologica: un allargamento di orizzonti per un verso sempre più generali, come le grandi tematiche della biolinguistica o degli universali logico-cognitivi sedimentati negli usi, per altro verso sempre più applicate alla dimensione pragmatica e sociolinguistica degli idiomi storico-naturali.
Raccogliere, infine, la sfida delle nuove forme di organizzazione sociale e dei risultati della scienza per i tradizionali saperi umanistici significa, oltre che darsi una possibilità nuova, anche svolgere la propria funzione sociale consistente nel rendere utili gli studi specialistici nel quadro dell'istituzione pubblica dell'Università.
Le scienze della formazione. Ampio e ricco di articolazioni il campo di ricerca delle Scienze della Formazione è in costante evoluzione ed espansione comprendendo studi, ricerche, epistemologie che allargano i temi e le prospettive pedagogiche, in un tempo in cui i confini disciplinari diventano permeabili e le sollecitazioni che giungono da ogni parte concorrono a nuove riflessioni sull'educazione e la formazione. L'ampio ventaglio di studi e ricerche, in cui la riflessione educativa e formativa appare fondamentale ed irrinunciabile, è da intravedersi in una duplice prospettiva: sia in quanto essa è a fondamento delle tradizionali scienze pedagogiche e dell'educazione, sia in quanto studi e ricerche sono collocati in un orizzonte “pluriverso” rappresentato dallo scenario dell'attuale società post-moderna, ipercomplessa, globalizzata.
“Pensare” la formazione in questo scenario significa orientarsi dentro uno statuto scientifico divenuto fluido ma non per questo meno rigoroso e privo di teoreticità. Giova invece il suo carattere trasversale che raggiunge significativamente i vari rami della cultura formativa e pedagogica, articolata tra scienze umane e sociali. In un certo senso, si tratta di abbandonare enciclopedie di saperi monoculturali, di prescindere da paradigmi aventi una struttura semplicistica, e di far assumere una valenza multilaterale al sapere scientifico derivante dalle discipline pedagogiche e socio-antropologiche.
Il ruolo delle Scienze della Formazione appare, così, più concreto e stabile in un clima sociale che accentua il mutamento storico e culturale di una società che sembra talvolta smarrire e disorientare i più giovani, allorché viene meno loro la possibilità di realizzare i valori di libertà e di emancipazione. Si tratta quindi di recuperare, con un progetto ampio e serio, un orizzonte di valori formativi e duraturi, tra cui quelli connessi alla cittadinanza, allo sviluppo umano, alla pace, al (bi)sogno di futuro. Tutto ciò diventa fondamentale se si considera che il nostro è il tempo della mondialità e dell'intercultura, il tempo della tecnologia e delle scritture telematiche, dello sviluppo sostenibile, dell'inquinamento e dei gas serra, il tempo della globalizzazione economica e della sopravvivenza in termini di povertà e di esclusione dalla ricchezza, del progresso tecnologico, del post-umano.
Ecco perché occorre una struttura dipartimentale che sorregga una tale corposa e sinergica rete di studi e ricerche con cui sarà possibile arricchire e rendere maggiormente strutturato un campo come quello delle Scienze della Formazione: possibilità di interagire, di avvalersi nella reciprocità di radici e tradizioni, di linguaggi e semiologie, di strumenti e metodologie innovative, di apparati e costrutti, di dispositivi teorici e di metodi di ricerca plurimi. La ricerca pedagogica che gestisce e cura la formazione di varie figure professionali anche nei vasti territori del saper fare (oltre che dell'essere) è oggi pronta a confrontarsi con imperativi di eccellenza scientifica nei sempre più esigenti e concorrenziali settori dell'imprenditoria, come pure verso il raggiungimento del successo formativo. La formazione come impresa non dovrà tuttavia abolire lo spazio per la realizzazione della persona.
Le Scienze della formazione, in definitiva, sono impegnate ad orientare i propri studi verso un sapere che declina l'educazione non più esclusivamente verso il tradizionale territorio della scuola e delle professioni scolastiche, quanto piuttosto in tutti quei campi del sociale nei quali la civiltà odierna pone esigenze di cambiamento e di adattamento alla realtà che evolve in tempi sempre più rapidi. Da ciò deriva l'urgente necessità di progettare, elaborare, implementare percorsi culturali universitari dalla forte connotazione educativa, capaci di dare risposte efficaci a situazioni nuove, spesso originate dalle numerose sfide sociali, economiche, culturali, tra cui: la mobilità/flessibilità/precarietà nel lavoro e il conseguente bisogno di acquisire competenze per tutto l'arco della vita (lifelong learning); la riabilitazione e la rieducazione in seguito a percorsi di vita segnati dal disagio, dalla marginalità, dall'esclusione, dalle nuove povertà; l'adattamento a situazioni familiari disgreganti; la realizzazione di programmi educativi interculturali riguardanti l'integrazione, la cittadinanza multiculturale, il rafforzamento dell'antirazzismo; i processi inclusivi per le persone con Bisogni Educativi Speciali (BES).
Sempre più si avverte l'esigenza di una apertura verso il settore del lavoro sociale (social-work), laddove è oramai divenuta significativa la figura professionale dell'operatore di strada. Rappresenta anche un traguardo per le Scienze della formazione, che hanno già una apertura sul territorio, impegnarsi a delineare figure professionali innovative (mediatori interculturali, operatori di pace - peace keaping, ecc.), e quindi promuovere sbocchi lavorativi per i cosiddetti laureati in “scienze dell'umanità”. Imprescindibile, infine, risulta essere anche la questione riguardante la formazione dei docenti nei vari livelli scolastici.
Gli Studi culturali rappresentano un'area culturale emergente che trae origini dall'estendersi della critica letteraria e comparata al dominio delle società di massa attraverso una originale riflessione sulla cultura considerata come la somma delle interrelazioni tra le diverse pratiche sociali. Da questo punto di vista le scienze sociali hanno approfondito i numerosi approcci legati alle teorie degli agenti sociali sia in direzione aggregante sia in relazione alle spinte centripete che tendono a riarticolare continuamente i processi del divenire sociale, oggi particolarmente vorticosi per gli inarrestabili progressi della globalizzazione. Dal punto di vista storico si fanno generalmente risalire i Cultural studies alle opere di Raymond Williams (1958) e Richard Hoggart (1957), ma spesso vengono citati nella tradizione i grandi rappresentanti del marxismo novecentesco di estrazione gramsciana o francofortese: György Lukács, Antonio Gramsci, Theodor W. Adorno, Walter Benjamin, Jürgen Habermas, Max Horkheimer. A questo nucleo storico che spesso si è trovato in originale commistione con esponenti del femminismo e della psicoanalisi (L. Althusser, L. Irigaray), si sono ormai sistematicamente sovrapposti sia i rappresentanti delle antropologie e sociologie critiche, sia gli studiosi delle variazioni culturali di origine territoriale e storica, sia i sostenitori dell'approccio semiotico e comparativo alle Lingue, alle Letterature, alle arti performative e alle Scienze della Comunicazione, nei processi attuali di globalizzazione e rilocalizzazione culturale.
Tra le discipline storico-territoriali la geografia, benché indubbiamente collocata tra scienze della natura e scienze sociali, ha di fatto marcato un originale orientamento nell'ambito di queste ultime, attraverso una ideale comunanza d'alveo quanto ad oggetto indagato e metodo praticato. Difatti, lungo la strada percorsa, che testimonia della sua partecipazione all'evoluzione delle idee e della cultura, questa disciplina ha sperimentato l'inserimento tra le scienze sociali, alimentando la propria identità sempre più marcatamente nell'autocoscienza delle questioni e contribuendo in maniera significativa all'elaborazione di percorsi concettuali e metodologici atti ad integrare impostazioni di differenti saperi. Ciò non può originarsi sul terreno astratto di una interdisciplinarietà programmatica, ma deve prendere avvio da problemi e interessi culturali condivisi misurandosi con alcuni nodi emergenti della realtà concreta e definendo un nuovo linguaggio. Un incontro tra discipline che studiano i processi evolutivi dei territori, delle società, delle economie, delle culture e quelle che si propongono di governare tali processi. E se, per un verso, occorre sedimentare e consolidare la ricerca sui mondi apparentemente oggi lontani, dall'altro, va da sé che anche la “geografia del vicino” necessita di uno sguardo “mobile”, capace di seguire i mutamenti rapidi che avvengono nelle società contemporanee, che si riconfigurano attraverso la produzione di vecchi e nuovi riti, mentre i territori si frantumano in frammenti di formale e informale, intrecciando pratiche ed economie, non solo nuove ma anche antiche.
L'affermarsi delle scienze umane e sociali, d'altrocanto, ha rappresentato uno dei tratti costitutivi del panorama scientifico intellettuale novecentesco. L'emergere di specifici saperi disciplinari interessati a conoscere (ed insieme a governare) quel nuovo insieme di fenomeni indicati da nozioni come “società”, “cultura”, “struttura”, “sistema”, “processo”, ha portato, infatti, ad una radicale trasformazione del sapere ottocentesco (storico-filosofico) e, nel corso del secolo, all'accumularsi di conoscenze sociologiche, antropologiche, politologiche, linguistiche, economiche, psicologiche, pedagogiche che hanno drasticamente mutato sia la concezione e la comprensione dell'essere umano (il “soggetto” foucaultiano) nella sua dimensione sociale, sia l'idea stessa della sua storicità (con l'emergere delle storiografie strutturali). Questo processo, anticipato e più marcato in contesti anglofoni (USA, Regno Unito) e in Francia (ma si consideri la tradizione di studi di una paese come il Brasile), si è imposto tra gli anni ‘60 e ‘80 del Novecento anche nell'Università e nella società italiana. Nel nostro Ateneo la presenza delle scienze sociali e umane, seppur significativa, è rimasta però frammentaria e frammentata, senza riuscire, fino ad ora, a coagularsi in un polo unitario di ricerca e formazione. Il costituirsi di una sezione di studi culturali di natura antropologica e sociologica all'interno del Dipartimento vuole essere un consapevole tentativo di colmare il vuoto istituzionale appena segnalato e, dunque, di aggregare quei saperi sociali, fino ad ora dispersi, in un'entità di ricerca e formazione che, pur mantenendo la possibilità di agire da sostegno ad altri, connessi saperi, sia capace di operare in maniera autonoma, innovativa, propositiva e critica anche nel dialogo con le dinamiche e le esigenze dei territori.
Nel campo degli studi sulle lingue, le letterature e le culture comparate, la prospettiva dei Cultural studies intende segnalarsi come un luogo di dialogo internazionale in cui non ci si limiti ad effettuare ricognizioni erudite, ma ci si muova in un ambito critico che intende conservare e promuovere un rapporto costante con la teoria della letteratura. L'intento è infatti, anche dove l'attenzione sia prestata ad autori e problemi specifici di una determinata realtà culturale, di suggerire riflessioni di valenza generale. La prospettiva comparatistica, in questo senso, appare indispensabile all'attuale riflessione critica, in considerazione di tutto ciò che si va creativamente producendo e che continuamente modifica il quadro delle nostre convinzioni. Le “letterature”, dunque, con le loro specifiche regionali e insieme con il loro concorrere ad una tradizione eterogenea. E le “culture”, perché si vuole riproporre anzitutto il quesito su come debbano essere intesi e analizzati i margini dell'attività umana. Non s'intende porre dei limiti cronologici o geografici alla ricerca, ma è tuttavia nel presente che questa sezione vuole anzitutto operare, esaminando criticamente le proposte che cercano nella contemporaneità di declinare e rendere attuale l'antica arte della parola , interrogandosi anche sulle modalità con cui, attraverso il lavoro di traduzione, l'opera superi le barriere linguistiche e partecipi al multiforme rinnovarsi delle morfologie culturali.
All'interno di quest'area un profilo del tutto peculiare è ritagliato per le arti performative. “Performatività”, nello specifico, significa “capacità di agire qualcosa”, rimanda alla sfera del fare, del compiere un'azione. Già dal finire degli anni '50, il termine iniziò a trovare larga applicazione nell'ambito degli studi umanistici e con esso tuttora ci si riferisce a forme di produzione artistica composite basate sull'interpretazione dell'artista e su un attivo coinvolgimento del pubblico. Con tale definizione si intendeva allora raccogliere, sulla scorta di R. Schechner e W. Tuner, forme di ricerca in cui poter spostare la percezione della cultura da una statica collezione di artefatti ad una rete di interazioni, un network dinamico di processi interrelati e multilivello che contestava la fissità di forma, struttura, valore o significato. Oggi la Performatività delle arti si colloca nel solco di un rinnovato approccio metodologico che tenga conto del carattere “aperto” e reticolare della cultura contemporanea. Nonostante le retoriche legate ad una radicale settorializzazione del sapere, si assiste alla crescente esigenza di uno sguardo d'insieme, capace di attraversare generi e campi disciplinari. Si tratta di un'ibridazione favorita dall'attitudine dei nuovi media ad un sapere “connesso” e capace di inscriversi, appunto, in una rete in cui l'universalità della conoscenza riacquisti il proprio peculiare sapore. Il concetto di Performatività si estende oggi anche alle dinamiche dell'identità, rifiutando ogni essenzialismo e localismo. Pensare l'identità in termini performativi significa pensarla come un ruolo che si gioca in parallelo ad altri ruoli, alle singole identità nazionali, che a loro volta convivono con quelle locali. È chiaro che un'impresa simile deve saper intrecciare la sintesi storica con l'analisi di tutti gli elementi trasversali che ricorrono in diverse epoche e in diverse culture: movimenti, generi letterari, temi ricorrenti. E, soprattutto, deve esperire il confronto fra la letteratura, gli altri saperi (scienza, filosofia, diritto) e le altre forme di comunicazione artistica (arti visive, musica, teatro, cinema, fotografia, televisione), seguendo la pratica della comparazione interartistica.
Quello che unitariamente si va a costituire all'interno del nuovo Dipartimento è, dunque, uno spazio culturalmente dinamico, nel quale specialisti di un know how umanistico e sociale sedimentatosi anche nel nostro Ateneo negli ultimi decenni, scelgono di non chiudersi in isole di specialismo accademico filologicamente pure, ma accettano le nuove sfide della complessità e dell'interculturalità. Sia nella ricerca che nella didattica quella degli Studi culturali si propone come un'area di sperimentazione nella quale e attraverso la quale indagare i mondi contemporanei, riflettere sulle dinamiche che li animano e costruire quelle nuove conoscenze (sempre meno eurocentriche e sempre più “ibride”) delle quali avranno bisogno le generazioni future che nell'area euro-afro-mediterranea dovranno convivere.
Sezione B - Sistema di gestione
Gli studiosi aderenti devono presentare profili di adeguata qualificazione e produttività scientifica e/o svolgere attività didattica continuativa in uno o più corsi di studio dell'Università di Messina. Fanno parte integrante delle strutture del Dipartimento anche i dottori di ricerca, i dottorandi, gli assegnisti, i borsisti appartenenti a Dottorati o Scuole di Dottorato aderenti al Dipartimento o, comunque, che svolgano attività di ricerca qualificata e continuativa in uno o più dei settori previsti. Analogamente – fatte salve le esigenze e le disposizioni faranno parte del Dipartimento il personale amministrativo, bibliotecario e tecnico appartenente alle strutture da cui deriva il nuovo Dipartimento (cfr. §.6). La sistemazione logistica e la disposizione degli aderenti in strutture dedicate è determinata dalle decisioni che prenderà il Senato Accademico e il Magnifico Rettore sulla base delle reali necessità espresse dai valori quantitativi e qualitativi esibiti dal Dipartimento, comparativamente a quelli esibiti da tutti gli altri Dipartimenti dell'Ateneo.
Il Dipartimento è organizzato in tre grandi sezioni:
Scienze cognitive
che comprende gli studi Filosofici, le Scienze dei processi cognitivi e linguistici, gli Studi mediologici e le tecnologie informatiche e statistiche
Scienze della formazione
che comprende le scienze Pedagogiche e Didattiche
Cultural studies
che comprendono le Sociologie, le scienze linguistiche artistiche e letterarie, e le Scienze storiche e geografiche.
Ognuna di queste sezioni è suddivisa in unità e gruppi di ricerca (che indicheremo in B1b) e in unità e gruppi didattici che gestisce le attività di insegnamento.
Ad ogni sezione è collegata anche una unità di personale non docente con funzione di coordinamento delle attività gestionali relative alla ricerca e alla didattica.
Il Dipartimento si impegna quindi a offrire direttamente o a sostenere in collaborazione con altri Enti, oltre l'offerta curriculare istituzionale, anche una offerta extra-curriculare qualificata e utile costituita da Master post-laurea di primo e di secondo livello e da altri corsi eventualmente opportuni. Il Dipartimento si impegna, inoltre, a favorire il reperimento di fondi di finanziamento per la realizzazione dell'attività di ricerca dei suoi membri, segnalando le possibili fonti (come il Settimo Programma Quadro dell'Unione Europea, ed ora Horizont 2020, la European Science Foundation, l'ICT Policy Support Programme, il CNR, i programmi di mobilità internazionale e di scambio bilaterale tra l'Italia e altri Paesi). Si impegna inoltre a raccogliere informazioni su borse di studio, nonché sulla possibilità di collaborazione con Centri di ricerca di altri Paesi e con il tessuto delle imprese disponibili, indicando anche con regolarità le scadenze per i principali progetti di ricerca italiani ed internazionali.
Per realizzare queste finalità, e per permettere anche un efficiente funzionamento dei servizio del Dipartimento sia in relazione al pubblico (studenti e docenti) sia in relazione alle pratiche interne per la ricerca e la didattica il Dipartimento èmarticolato in cinque settori (Segreteria Direzione, Offerta formativa, Biblioteca, Gestione finanziaria e contabile, Servizi tecnologici e progettistica) nei quali sono suddivise le attività che si svolgono in una struttura dipartimentale nella quale si espleta sia attività di ricerca scientifica, che didattica relativa ai Corsi di studio attivati.
E' inoltre individuato un ulteriore settore, quello dei c.d. “Servizi Generali”, che svolge le sue funzioni sia autonomamente per la gestione logistica dei locali e delle attrezzature, che trasversalmente a supporto delle attività dei primi quattro settori su indicati. L'attività di ogni settore è coordinata da un responsabile (ovvero dal Capo Settore), figura ricoperta dal dipendente più alto in ruolo e, a parità di ruolo, dal più anziano all'interno di esso e che ha dimostrato, nel tempo, capacità organizzative e di coordinamento delle attività affidategli. L'organizzazione interna dei singoli settori è demandata agli stessi in funzione delle esigenze di espletamento delle pratiche d'ufficio e in relazione alle capacità delle rispettive unità lavorative.
Ognuno dei settori operanti nella struttura dipartimentale è in staff al Direttore.
Descrizione di massima delle attività dei settori:
Segreteria di Direzione, che assume un particolare rilievo in considerazione della complessa funzione di interfaccia interna al Dipartimento e tra tutte le strutture amministrative, didattiche e di ricerca; a detto settore è altresì demandato l'ufficio di istruzione delle pratiche e delle delibere del Consiglio, tranne che per specifiche competenze (ad esempio gli impegni di spesa, il bilancio e le sue variazioni, che sono di esclusiva competenza della gestione finanziaria e contabile);
Offerta formativa (e organizzazione della didattica), che ha il compito di predisporre il Piano dell'Offerta Formativa, coordinare l'attivazione e la gestione dei corsi di Laurea, gestire e organizzare lo svolgimento dell'attività didattica. Allo stesso settore è altresì assegnato il compito di istituire e gestire le attività di tirocinio e/o laboratori necessari per il completo svolgimento dell'attività formativa dei CdL e dei corsi post-laurea.
Gestione finanziaria e contabile, si occupa dell'attività negoziale (acquisizione di beni e servizi), della redazione del bilancio d'esercizio, della gestione patrimoniale, nel rispetto della vigente normativa sulla contabilità pubblica ed in ossequio a quanto previsto sia dal Regolamento di Ateneo per l'Amministrazione, la Finanza e la Contabilità, che dal Regolamento di Ateneo per le spese in economia. Provvede altresì alla gestione dei fondi di ricerca assegnati ai docenti, alla gestione delle attività in conto terzi, alla gestione di Contributi di Enti Pubblici e/o privati, finalizzati alle attività di ricerca.
La Biblioteca, svolge l'attività relativa all'acquisizione e alla gestione del patrimonio librario di cui una struttura dipartimentale ha necessità di dotarsi e implementare continuamente per garantire un elevato e/o comunque adeguato livello di fruizione all'utenza (docenti, studenti, studiosi in genere). Provvede anche alla gestione di risorse bibliotecarie elettroniche.
Servizi tecnologici e progettazione, rileva le esigenze di acquisizione delle attrezzature tecnologiche necessarie all'espletamento delle attività caratterizzanti svolte dal Dipartimento. Realizza opportuna attività progettuale per l'incremento delle attività (didattiche e di ricerca) da svolgersi, favorendo la partecipazione del Dipartimento a bandi appositamente emanati, sia per il finanziamento di attività di ricerca, che per l'erogazione di corsi post-laurea (Master) altamente qualificanti.
Servizi Generali svolge le sue funzioni principalmente per la gestione logistica legata all'utilizzo dei locali e delle attrezzature utilizzati nello svolgimento dell'attività di ricerca e didattica; organizza e gestisce un punto di front-office a disposizione dell'utenza (U.R.P.); svolge anche una funzione di supporto per quelle che sono le attività proprie dei settori già indicati (gestione del servizio di corrispondenza interno alla struttura ed esterno ad essa).
La suddivisione qui prospettata prevede il completo utilizzo delle attuali unità lavorative presenti nella Facoltà di Scienze della Formazione e in forze ai Dipartimenti di origine. anche se attualmente dette unità risultano assegnate alla Presidenza della Facoltà o ad alcuni Dipartimenti. Per raggiungere tali obiettivi, il Dipartimento potrà anche servirsi dell'attività professionale privata.
Il Dipartimento si avvale di laboratori (alcuni convenzionati con il CNR-IFS), come verrà meglio indicato al quadro C1a.
Il Dipartimento è organizzato in tre grandi sezioni:
Scienze cognitive
che comprende gli studi Filosofici, le Scienze dei processi cognitivi e linguistici, gli Studi mediologici e le tecnologie informatiche e statistiche
Scienze della formazione
che comprende le scienze Pedagogiche e Didattiche
Cultural studies
che comprendono le Sociologie, le scienze linguistiche artistiche e letterarie, e le Scienze storiche e geografiche.
Ognuna di queste sezioni è suddivisa in unità e gruppi di ricerca (che indicheremo in B1b) e in unità e gruppi didattici che gestisce le attività di insegnamento.
Ad ogni sezione è collegata anche una unità di personale non docente con funzione di coordinamento delle attività gestionali relative alla ricerca e alla didattica.
Il Dipartimento si impegna quindi a offrire direttamente o a sostenere in collaborazione con altri Enti, oltre l'offerta curriculare istituzionale, anche una offerta extra-curriculare qualificata e utile costituita da Master post-laurea di primo e di secondo livello e da altri corsi eventualmente opportuni. Il Dipartimento si impegna, inoltre, a favorire il reperimento di fondi di finanziamento per la realizzazione dell'attività di ricerca dei suoi membri, segnalando le possibili fonti (come il Settimo Programma Quadro dell'Unione Europea, ed ora Horizont 2020, la European Science Foundation, l'ICT Policy Support Programme, il CNR, i programmi di mobilità internazionale e di scambio bilaterale tra l'Italia e altri Paesi). Si impegna inoltre a raccogliere informazioni su borse di studio, nonché sulla possibilità di collaborazione con Centri di ricerca di altri Paesi e con il tessuto delle imprese disponibili, indicando anche con regolarità le scadenze per i principali progetti di ricerca italiani ed internazionali.
Per realizzare queste finalità, e per permettere anche un efficiente funzionamento dei servizio del Dipartimento sia in relazione al pubblico (studenti e docenti) sia in relazione alle pratiche interne per la ricerca e la didattica il Dipartimento èmarticolato in cinque settori (Segreteria Direzione, Offerta formativa, Biblioteca, Gestione finanziaria e contabile, Servizi tecnologici e progettistica) nei quali sono suddivise le attività che si svolgono in una struttura dipartimentale nella quale si espleta sia attività di ricerca scientifica, che didattica relativa ai Corsi di studio attivati.
E' inoltre individuato un ulteriore settore, quello dei c.d. “Servizi Generali”, che svolge le sue funzioni sia autonomamente per la gestione logistica dei locali e delle attrezzature, che trasversalmente a supporto delle attività dei primi quattro settori su indicati. L'attività di ogni settore è coordinata da un responsabile (ovvero dal Capo Settore), figura ricoperta dal dipendente più alto in ruolo e, a parità di ruolo, dal più anziano all'interno di esso e che ha dimostrato, nel tempo, capacità organizzative e di coordinamento delle attività affidategli. L'organizzazione interna dei singoli settori è demandata agli stessi in funzione delle esigenze di espletamento delle pratiche d'ufficio e in relazione alle capacità delle rispettive unità lavorative.
Ognuno dei settori operanti nella struttura dipartimentale è in staff al Direttore.
Descrizione di massima delle attività dei settori:
Segreteria di Direzione, che assume un particolare rilievo in considerazione della complessa funzione di interfaccia interna al Dipartimento e tra tutte le strutture amministrative, didattiche e di ricerca; a detto settore è altresì demandato l'ufficio di istruzione delle pratiche e delle delibere del Consiglio, tranne che per specifiche competenze (ad esempio gli impegni di spesa, il bilancio e le sue variazioni, che sono di esclusiva competenza della gestione finanziaria e contabile);
Offerta formativa (e organizzazione della didattica), che ha il compito di predisporre il Piano dell'Offerta Formativa, coordinare l'attivazione e la gestione dei corsi di Laurea, gestire e organizzare lo svolgimento dell'attività didattica. Allo stesso settore è altresì assegnato il compito di istituire e gestire le attività di tirocinio e/o laboratori necessari per il completo svolgimento dell'attività formativa dei CdL e dei corsi post-laurea.
Gestione finanziaria e contabile, si occupa dell'attività negoziale (acquisizione di beni e servizi), della redazione del bilancio d'esercizio, della gestione patrimoniale, nel rispetto della vigente normativa sulla contabilità pubblica ed in ossequio a quanto previsto sia dal Regolamento di Ateneo per l'Amministrazione, la Finanza e la Contabilità, che dal Regolamento di Ateneo per le spese in economia. Provvede altresì alla gestione dei fondi di ricerca assegnati ai docenti, alla gestione delle attività in conto terzi, alla gestione di Contributi di Enti Pubblici e/o privati, finalizzati alle attività di ricerca.
La Biblioteca, svolge l'attività relativa all'acquisizione e alla gestione del patrimonio librario di cui una struttura dipartimentale ha necessità di dotarsi e implementare continuamente per garantire un elevato e/o comunque adeguato livello di fruizione all'utenza (docenti, studenti, studiosi in genere). Provvede anche alla gestione di risorse bibliotecarie elettroniche.
Servizi tecnologici e progettazione, rileva le esigenze di acquisizione delle attrezzature tecnologiche necessarie all'espletamento delle attività caratterizzanti svolte dal Dipartimento. Realizza opportuna attività progettuale per l'incremento delle attività (didattiche e di ricerca) da svolgersi, favorendo la partecipazione del Dipartimento a bandi appositamente emanati, sia per il finanziamento di attività di ricerca, che per l'erogazione di corsi post-laurea (Master) altamente qualificanti.
Servizi Generali svolge le sue funzioni principalmente per la gestione logistica legata all'utilizzo dei locali e delle attrezzature utilizzati nello svolgimento dell'attività di ricerca e didattica; organizza e gestisce un punto di front-office a disposizione dell'utenza (U.R.P.); svolge anche una funzione di supporto per quelle che sono le attività proprie dei settori già indicati (gestione del servizio di corrispondenza interno alla struttura ed esterno ad essa).
La suddivisione qui prospettata prevede il completo utilizzo delle attuali unità lavorative presenti nella Facoltà di Scienze della Formazione e in forze ai Dipartimenti di origine. anche se attualmente dette unità risultano assegnate alla Presidenza della Facoltà o ad alcuni Dipartimenti. Per raggiungere tali obiettivi, il Dipartimento potrà anche servirsi dell'attività professionale privata.
Il Dipartimento si avvale di laboratori (alcuni convenzionati con il CNR-IFS), come verrà meglio indicato al quadro C1a.
Schede inserite da questa Struttura
N. | Nome gruppo | Responsabile scientifico/Coordinatore | Num.Componenti (compreso il Responsabile) | Altro Personale |
---|---|---|---|---|
1. | Gruppo Ricerca CSECS Geografia | BARILARO GERACE Caterina | 3 | |
2. | Gruppo Ricerca CSECS Pedagogia generale e sociale M-PED/01 | MICHELIN SALOMON Antonio | 4 | |
3. | Gruppo Ricerca CSECS Storia della Pedagogia M-PED/02 | AGRESTA Salvatore | 3 | |
4. | Gruppo Ricerca CSECS Informatica e Ingegneria Informatica | GRASSO Giorgio Mario | 4 | |
5. | Gruppo Ricerca CSECS Statistica SECS S-01 | OTRANTO Edoardo | 2 | |
6. | Gruppo Ricerca CSECS Arti Performative e dello Spettacolo | TOMASELLO Dario | 5 | Ph.D Vincenza Di Vita Ph.D Caterina Trifirò |
7. | Gruppo Ricerca CSECS Pedagogia Speciale e Tecnologie dell’Istruzione | EPASTO Aldo Attilio | 2 | |
8. | Gruppo Ricerca CSECS Sociologia dei processi culturali | CARZO Domenico Filippo | 3 | Ph.D M. Salvo |
9. | Gruppo Ricerca CSECS Scienze Cognitive | PENNISI Antonino | 10 | PhD Alessandra Anastasi PhD Caterina Scianna PhD Consuelo Luverà PhD Domenica Bruni PhD Paola Pennisi PhD Erica Cosentino PhD Laura Giallongo PhD Santina Giannone PhD Antonio Gangemi |
Schede inserite da altra Struttura (tra i componenti risultano persone afferenti a questa Struttura).
N. | Nome gruppo | Responsabile scientifico/Coordinatore | Num.Componenti (compreso il Responsabile) | Altro Personale |
---|---|---|---|---|
1. | Antropologia Sociale | PALUMBO Berardino (SCIENZE UMANE E SOCIALI) | 3 | |
2. | Psichiatria e Psicologia Clinica | ZOCCALI Rocco Antonio (NEUROSCIENZE) | 6 |
Informazioni non pubbliche
Informazioni non pubbliche
Sezione C - Risorse umane e infrastrutture
Quadro C.1 - Infrastrutture
- Laboratorio congiunto di Neuroinformatica e Scienze Cognitive (NISC):
Il laboratorio integra le attività di collaborazione su progetti comuni, già sviluppati con i docenti di psicologia ed informatica del Dipartimento, nonché progetti europei ed italiani del CNR, programmare attività comuni nel campo della psicologia sperimentale, della comunicazione, delle tecnologie informatiche e delle scienze cognitive. L'argomento cardine delle ricerche del laboratorio è l'esplorazione scientifica e tecnologica nell'ambito della neuroingegneria socio-cognitiva e della social robotics per mezzo delle metodologie proprie della bioingegneria, dell'informatica, delle neuroscienze e delle scienze cognitive, con lo scopo di sviluppare strumenti innovativi, modelli e nuovi approcci per indagare come il cervello processa le informazioni sociali, emotive, motorie e cognitive, nonché il linguaggio ed il comportamento. Le osservazioni e gli studi sperimentali del laboratorio consentiranno di migliorare le conoscenze sul substrato fisiologico, comportamentale e linguistico relativo ai disturbi del neurosviluppo ed ai deficit neurosensoriali, neuromotori, socio-emotivi e cognitivi. Il laboratorio si occupa di studiare lo sviluppo del sistema di riconoscimento e regolazione delle emozioni, dell'intersoggettività e della mente sociale, nonché della reciprocità sociale e dell'apprendimento per imitazione, con l'obiettivo di fornire soluzioni tecnologiche per migliorare le tecniche di valutazione, di abilitazione e di riabilitazione. Il laboratorio consente di esplorare l'uso delle tecnologie robotiche per la valutazione del processing emotivo e la riabilitazione, basata sull'imitazione e sull'uso pragmatico della reciprocità sociale ed emotiva con lo scopo di aiutare le persone con deficit socio-emotivi ad imparare ad identificare, interpretare ed utilizzare le informazioni emotive, estendendo le loro capacità di adattamento al contesto sociale. Il laboratorio si avvale di attrezzature di Ricerca,tecnologie presenti nel NISC:
- sistema di eye-tracking remoto per la trasduzione del focus visivo e del contatto oculare in determinati compiti; si tratta del sistema SMI(SensoMotoric Instruments) a 120 Hz.
- sistema indossabile wireless di acquisizione di segnali EEG a 20 elettrodi ed algoritmi di signal processing quantitativo (qEEG) per l'analisi di ritmi e sincronizzazioni cerebrali; si tratta di ENOBIO (StarLab, Barcellona),
-due Robot umanoidi Aldebaran NAO Next Gen Humanoid Platform H25 con 25 gradi di libertà ed una licenza software suite Coreographe, monitor e SDK;
-un Robot umanoidi Robokind Zeno R25 NAO con 25 gradi di libertà ed una licenza software suite Workshop Robomate e SDK;
Altri laboratori:
- Laboratori arti performative (fotografia,cinema,teatro,danza),Laboratori linguistici, Laboratori di informatica e IA, Laboratori di Scienze del Linguaggio.
Il laboratorio integra le attività di collaborazione su progetti comuni, già sviluppati con i docenti di psicologia ed informatica del Dipartimento, nonché progetti europei ed italiani del CNR, programmare attività comuni nel campo della psicologia sperimentale, della comunicazione, delle tecnologie informatiche e delle scienze cognitive. L'argomento cardine delle ricerche del laboratorio è l'esplorazione scientifica e tecnologica nell'ambito della neuroingegneria socio-cognitiva e della social robotics per mezzo delle metodologie proprie della bioingegneria, dell'informatica, delle neuroscienze e delle scienze cognitive, con lo scopo di sviluppare strumenti innovativi, modelli e nuovi approcci per indagare come il cervello processa le informazioni sociali, emotive, motorie e cognitive, nonché il linguaggio ed il comportamento. Le osservazioni e gli studi sperimentali del laboratorio consentiranno di migliorare le conoscenze sul substrato fisiologico, comportamentale e linguistico relativo ai disturbi del neurosviluppo ed ai deficit neurosensoriali, neuromotori, socio-emotivi e cognitivi. Il laboratorio si occupa di studiare lo sviluppo del sistema di riconoscimento e regolazione delle emozioni, dell'intersoggettività e della mente sociale, nonché della reciprocità sociale e dell'apprendimento per imitazione, con l'obiettivo di fornire soluzioni tecnologiche per migliorare le tecniche di valutazione, di abilitazione e di riabilitazione. Il laboratorio consente di esplorare l'uso delle tecnologie robotiche per la valutazione del processing emotivo e la riabilitazione, basata sull'imitazione e sull'uso pragmatico della reciprocità sociale ed emotiva con lo scopo di aiutare le persone con deficit socio-emotivi ad imparare ad identificare, interpretare ed utilizzare le informazioni emotive, estendendo le loro capacità di adattamento al contesto sociale. Il laboratorio si avvale di attrezzature di Ricerca,tecnologie presenti nel NISC:
- sistema di eye-tracking remoto per la trasduzione del focus visivo e del contatto oculare in determinati compiti; si tratta del sistema SMI(SensoMotoric Instruments) a 120 Hz.
- sistema indossabile wireless di acquisizione di segnali EEG a 20 elettrodi ed algoritmi di signal processing quantitativo (qEEG) per l'analisi di ritmi e sincronizzazioni cerebrali; si tratta di ENOBIO (StarLab, Barcellona),
-due Robot umanoidi Aldebaran NAO Next Gen Humanoid Platform H25 con 25 gradi di libertà ed una licenza software suite Coreographe, monitor e SDK;
-un Robot umanoidi Robokind Zeno R25 NAO con 25 gradi di libertà ed una licenza software suite Workshop Robomate e SDK;
Altri laboratori:
- Laboratori arti performative (fotografia,cinema,teatro,danza),Laboratori linguistici, Laboratori di informatica e IA, Laboratori di Scienze del Linguaggio.
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Ad uso esclusivo della struttura (inserite dalla Struttura)
N. | Nome | Sito web | Numero di monografie cartacee | Numero di annate di riviste cartacee | Numero di testate di riviste cartacee |
---|---|---|---|---|---|
1. | Biblioteca del Dipartimento CSECS (ex Facolta di Scienze della Formazione) | http://www.unime.it/dipartimenti/csecs/_pagine/-2301.html | 38.350 | 4.280 | 405 |
In condivisione con altre strutture (inserite dall'Ateneo)
N. | Nome | Sito web | Numero di monografie cartacee | Numero di annate di riviste cartacee | Numero di testate di riviste cartacee |
---|---|---|---|---|---|
2. | Sistema Bibliotecario di Ateneo - Area Edizioni Elettroniche | http://antonello.unime.it | 150 | 5 | 1 |
Quadro C.2 - Risorse umane
-
- Prof. Ordinari [17]
-
- Prof. Associati [12]
-
- Ricercatori [33]
-
- Assistenti [1]
-
- Prof. Ordinario r.e. [0]
-
- Straordinari a t.d. [0]
-
- Ricercatori a t.d. [5]
-
- Assegnisti [2]
-
- Dottorandi [31]
-
- Attiv. didattica e di ricerca [0]
-
- Specializzandi [0]
Straordinari a tempo determinato
Situazione al 31/12/2013 ricavata dagli archivi Miur-Cineca (docenti/loginmiur certificati dall'Ateneo) aggiornati al 16/03/2015 15:56.
No data found
Personale di ruolo
Area Amministrativa | 5 |
---|---|
Area Servizi Generali e Tecnici | 1 |
Area Socio - Sanitaria | 0 |
Area Tecnica, Tecnico - Scientifica ed Elaborazione dati | 4 |
Area Biblioteche | 2 |
Area Amministrativa - Gestionale | 5 |
Area Medico - Odontoiatrica e Socio - Sanitaria | 0 |
Area non definita | 7 |
Personale con contratto a tempo determinato
Area Amministrativa | 0 |
---|---|
Area Servizi Generali e Tecnici | 0 |
Area Socio - Sanitaria | 0 |
Area Tecnica, Tecnico - Scientifica ed Elaborazione dati | 0 |
Area Biblioteche | 0 |
Area Amministrativa - Gestionale | 0 |
Area Medico - Odontoiatrica e Socio - Sanitaria | 0 |
Area non definita | 0 |